Fluorescenza UV

La fluorescenza UV è una delle tecniche di imaging che consiste nell’illuminare l’opera da esaminare con una sorgente ultravioletta e nel registrare con un sistema di rilevazione, generalmente una macchina fotografica, la radiazione emessa nel visibile dovuta alla fluorescenza dei materiali presenti sulla superficie del dipinto. È una metodica di indagine non distruttiva, portatile e fornisce risposte immediate riguardanti lo strato superficiale dell’opera esaminata. Per illuminare l’opera si usa una lampada di Wood, dal fisico americano Robert William Wood che 1913 riuscì a costruire una lampada (a vapori di mercurio).

 

Che informazioni si posso ottenere?

Materiali diversi, apparentemente uguali per colore e trasparenza in luce visibile, presentano una differente composizione chimica: rispondono quindi diversamente se sottoposti ad altra fonte di irraggiamento, come quella UV. Il fenomeno della fluorescenza riguarda principalmente i materiali organici e permette di discriminare la presenza di materiali diversi sulla superficie. In presenza di superfici poco leggibili, permette di amplificare differenze composizionali che risultino anche minime. La tecnica è utile in fase di accertamento dello stato di degrado e di verifica della presenza di parti non originali. Può essere quindi di supporto sia alle operazioni di restauro sia per le indagini di diagnostica nell’individuazione dell’area o del punto da analizzare o da campionare. Permette di mettere in luce la presenza di materiali organici trasparenti e poco colorati, come le vernici, i film di adesivi, i protettivi, i leganti pittorici, per lo più fluorescenti perché invecchiati, o di eventuali aggressioni biologiche. Può essere utile per accertarne l’omogeneità della stesura e la presenza di ritocchi (1). Può essere indotta anche in materiali inorganici, definiti chimicamente puri, dalla presenza di sostanze in quantità infinitesime, resti dei processi di fabbricazione delle stesse oppure da impurità presenti per cause diverse (degradi naturali, precedenti interventi, infiltrazioni, ecc.).

 

Che informazioni si posso ottenere per le opere d’arte in gesso?

La tecnica mette in evidenza molecole organiche presenti sulla superficie dell’opera dovute a protettivi o a materiali utilizzati in precedenti interventi di restauro. Può essere di supporto al processo di conoscenza per risalire alla tecnologia di realizzazione dell’opera o a precedenti interventi di restauro e per meglio definire lo stato di conservazione.

 

Fenomeno su cui si basa la tecnica

La fluorescenza è l’emissione di radiazione da parte di una molecola eccitata. I raggi UV vengono assorbiti e riemessi come raggi visibili dalle molecole presenti sulla superficie. I materiali, in base alla propria natura ed al grado di invecchiamento raggiunto, presentano differenti risposte e gradi di fluorescenza.

 

Strumentazione utilizzata

Le opere sono state illuminate con la lampada portatile con lente e luce di wood CTS ART LUX ( λ= 368 nm, 4W).

 

Riferimenti Bibliografici

www.riflettografia.it

Fluorescenza a raggi X

La fluorescenza a raggi X o spettroscopia XRF è una delle tecniche di indagine più utilizzate per la determinazione degli elementi (con numero atomico Z<10) che caratterizzano un materiale, ma non dei composti chimici a cui questi elementi appartengono (Skoog, 1995). Le informazioni ottenute possono essere sia qualitative che semi-quantitative in quanto l’energia e l’intensità dei fotoni emessi sono legate rispettivamente all’elemento specifico presente nel campione e alla sua concentrazione. È una tecnica non distruttiva, non invasiva e non necessita di prelievo. Le informazioni ottenute non riguardano solamente lo strato più superficiale della porzione esaminata, ma si estendono anche agli strati inferiori. Non è una tecnica selettiva (S. Volpin, L. Apollonia, 1999), in quanto non permette di separare le informazioni provenienti da strati sovrapposti. La profondità dello strato che la tecnica riesce ad indagare dipende dall’intensità del fascio incidente; variando la potenza è possibile variare la penetrazione e dunque ampliare o restringere le informazioni al livello desiderato (S. Volpin, 2004).

 

Che informazioni si posso ottenere?

È possibile identificare gli elementi che caratterizzano pigmenti, inchiostri, additivi inorganici, inerti di dipinti e manoscritti, lapidei, vetri, gessi, metalli. Dall’analisi degli elementi identificati (qualitativa e semi-quantitativa) è possibile risalire ad informazioni su

- provenienza di pietre, gemme, ceramiche, ossidiane

- alterazioni o patine superficiali

- tecnica di realizzazione e sulla tecnologia di produzione

- informazioni storiche, autenticazioni

- inquinanti

 

Che informazioni si posso ottenere per le opere d’arte in gesso?

L’identificazione degli elementi impiegati nei lavori d’arte è di grande importanza per l’archeometria, la storia dell’arte e per il restauro dell’oggetto. La conoscenza dei materiali utilizzati può, per esempio, gettare luce sulle origini dell’opera, aiutare nel lavoro di datazione, meglio definire lo stato di conservazione, risultati essenziali per la scelta dei prodotti e delle metodologie da utilizzare nell’azione di restauro.

 

Fenomeno su cui si basa la tecnica

La tecnica si basa sul fenomeno della fluorescenza X. Un raggio X di sufficiente energia che incide su un atomo provoca l’emissione, da parte dell’atomo, di un elettrone interno (effetto fotoelettrico) lasciando l’atomo in uno stato eccitato. La diseccitazione è immediata ed avviene mediante transizioni di elettroni da uno degli orbitali esterni verso quello in cui si è generata la vacanza elettronica. Tali transizioni sono accompagnate dall’emissione di raggi X di energia corrispondente alla differenza di energia tra i due livelli coinvolti nella transizione e caratteristici dell’atomo da cui provengono.

 

Strumentazione utilizzata

Gli spettri XRF sono stati registrati in riflessione mediante uno spettrometro portatile Tracer IV – SD Series Bruker avente come generatore di raggi X  un tubo al Rodio e come detector un silicon drift XFlash® con sistema di raffreddamento Peltier. Gli spettri sono stati acquisti con un voltaggio di 40 kV e una corrente di 11 μA. La tecnica permette di individuare elementi con numero atomico >10. L’identificazione dei picchi caratteristici di un elemento è stata effettuata per confronto con dati di letteratura e con un database di spettri XRF in dotazione allo strumento.

 

Riferimenti Bibliografici

D. A. Skoog - J. J. Leary, Chimica analitica strumentale, Napoli 1995, pp. 536-543;
S. Volpin – L. Apollonia, Le analisi di laboratorio applicate ai beni artistici policromi, Padova 1999, pp. 30-31;
S. Volpin, La chimica e la diagnostica applicate ai beni artistici policromi, in Materiali e metodi per l’analisi, la pulitura e la disinfestazione dei dipinti, Padova 2004, p. 20;
www.xrfresearch.com/technology/xrf-spectra.

La Spettroscopia Infrarossa

La Spettroscopia infrarossa (IR) è una tecnica di analisi molecolare nella quale sono misurate transizioni tra livelli energetici vibrazionali, che richiedono energia corrispondente a radiazioni nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico. Le informazioni sono prevalentemente di tipo qualitativo; l’aspetto quantitativo è scarsamente sfruttato.

 

Che informazioni si posso ottenere?

Mediante tale tecnica è possibile risalire ai gruppi funzionali presenti nelle molecole che formano il campione e quindi, indirettamente, sulle molecole stesse che costituiscono coloranti, inchiostri, colle, leganti, vernici, protettivi, resine, polimeri, carta, ma anche alcuni pigmenti e inerti inorganici, vetri, lapidei, inchiostri. Dall’analisi delle molecole identificate è possibile risalire ad informazioni su

- provenienza di pietre, ceramiche

- prodotti di degradazione, alterazioni o patine superficiali

- stato di conservazione

- tecnica di realizzazione e tecnologia di produzione

- informazioni storiche, autenticazioni

 

Che informazioni si posso ottenere per le opere d’arte in gesso?

L’identificazione delle molecole organiche presenti sulla superficie di un’opera d’arte in gesso può essere di supporto al processo di conoscenza per risalire alla tecnologia di realizzazione dell’opera o a precedenti interventi di restauro e per meglio definire lo stato di conservazione. In fase di restauro, non solo i risultati ottenuti possono indirizzare le scelte sulle operazioni di pulitura ed i prodotti da applicare, ma la tecnica può essere utilizzata per il monitoraggio stesso dell’intervento. Inoltre, l’identificazione della tipologia di gesso e della sua composizione può essere di supporto al lavoro dello storico dell’arte per mettere in relazione la tecnologia di realizzazione allo scultore.

 

Fenomeno su cui si basa la tecnica

L’assorbimento di radiazione IR interessa quelle molecole che, in seguito a moti vibrazionali e rotazionali, mostrano cambiamenti nel momento dipolare. L’energia della radiazione IR è sufficiente per attivare anche transizioni energetiche rotazionali e vibrazionali. Ogni transizione vibrazionale ha una energia specifica che dà luogo ad un assorbimento della regione infrarossa. Ogni gruppo funzionale può avere più modi vibrazionali che corrispondono ad energie diverse; allo stesso tempo gli assorbimenti dei differenti gruppi funzionali corrispondono ad energie simili anche se presenti in molecole diverse. Di conseguenza, lo stesso gruppo funzionale in differenti molecole presenta moti vibrazionali specifici, che si traducono in bande di assorbimento collocate a frequenze caratteristiche (frequenze di gruppo), influenzate solo marginalmente dalla complessità della struttura molecolare. Lo spettro infrarosso è caratteristico per ogni tipo di molecola organica, ed è definito impronta digitale della molecola stessa. Molecole complesse oppure miscele di più sostanze portano spesso ad un'impronta digitale confusa e di difficile interpretazione. Tuttavia alcune parti delle molecole (i cosiddetti gruppi funzionali) hanno un assorbimento IR a frequenze ben precise, scarsamente influenzate dal resto della molecola.

 

Strumentazione utilizzata

Gli spettri IR sono stati registrati in riflessione, direttamente sull’opera e senza effettuare alcun prelievo, mediante lo Spettrometro FTIR portatile Bruker ALPHA con modulo per riflessione esterna. Agli spettri è stata applicata la trasformazione di Kramer-Kronig, che tiene conto degli indici di rifrazione e dei parametri di assorbimento dei materiali coinvolti, per convertire lo spettro di riflettanza in uno spettro di assorbanza. È stata quindi operata una sottrazione della linea di base con il metodo della correzione scattering e successivamente è stato operato confronto con spettri riferimento.

 

Riferimenti Bibliografici

Atkins, J. De Paula, Physical Chemistry, 8ª ed., Oxford University Press, 2006, ISBN 978-0-19-870072-2.

Colorimetria

Il colore di un corpo non autoluminoso, inteso come sensazione, è il risultato di un processo ottico e psicofisico che avviene in tre fasi, le quali riguardano, rispettivamente,  lo spettro della radiazione illuminante emessa da una sorgente di luce, l’interazione della radiazione illuminante con l’oggetto del colore e, infine, la trasduzione della radiazione luminosa in segnale nervoso, il quale, successivamente, nel sistema visivo dell’osservatore, viene codificato ed elaborato. La sensazione di colore risultante da questo processo dipende dalle proprietà ottiche dell’oggetto osservato, in particolare  dal fattore di riflessione spettrale – o dal fattore di trasmissione spettrale, se il corpo è visto in trasparenza – dalla lucidezza del corpo, che, a sua volta, dipende dall’indice di rifrazione e dalla levigatezza del corpo. È quindi evidente che la misurazione del colore è un’acquisizione di conoscenze relative al corpo osservato. Il colore è anche una proprietà fisica degli oggetti e non solo un’esperienza fenomenica dell’osservatore. Come tale, quindi, può e deve essere valutato anche come componente oggettiva di un’opera d’arte, e può e deve essere sottoposto a criteri di misurabilità e riproducibilità. La disponibilità di strumentazioni leggere e non ingombranti permette di effettuare misure in situ su oggetti non mobili, come ad esempio dipinti murali, statue di grosse dimensioni, ecc.

 

Che informazioni si posso ottenere?

I campi specifici di utilizzo della colorimetria applicata ai Beni Culturali sono quelli della diagnostica non-invasiva per il riconoscimento dei diversi pigmenti e del monitoraggio delle loro alterazioni (naturali o indotte), per l’analisi del colore e le sue variazioni durante interventi conservativi o durante periodi espositivi e per l’individuazione di prodotti di alterazione.

 

Che informazioni si posso ottenere per le opere d’arte in gesso?

La misura del colore prima e dopo un intervento di restauro è di supporto per valutare l’efficacia del restauro stesso.

 

Fenomeno su cui si basa la tecnica

La misura del colore è basata sul confronto eseguito dall’occhio di un osservatore medio tra il colore che la superficie in esame assume, quando è illuminata con una sorgente luminosa bianca standard, e il colore assunto da una superficie perfettamente bianca (cioè con coefficiente di riflettanza idealmente pari al 100% a qualsiasi lunghezza d’onda) illuminata, a sua volta, da tre luci con i colori fondamentali: rosso, verde, blu con valori di intensità in proporzioni aggiustabili fino a ottenere, giudicando a occhio, l’eguaglianza, fra il colore della superficie in esame e il colore della superficie di confronto.

Lo studio della superficie mediante la spettroscopia in riflettanza nella regione del visibile consente di misurare il colore dell’area investigata partendo dallo spettro di riflettanza acquisito basandosi sulle equazioni per le funzioni tristimolo dell’Osservatore Standard della Commission Internationale de l’Éclairage (CIE). Questo a condizione che gli spettri siano stati acquisiti seguendo le regole definite nel corso degli anni dalla CIE stessa. Dal momento che il colore di un oggetto può apparire in modo diverso a secondo delle geometrie di illuminazione e osservazione impiegate, strumentazioni diverse possono portare a valori colorimetrici che presentano differenze non trascurabili tra loro.

 

Strumentazione utilizzata

Gli spettri siano stati acquisiti secondo le regole definite dalla CIE. Le misure sono state effettuate mediante Spettrometro portatile Ocean Optics USB2000+XR1 con sorgente UV-Vis-NIR DH-mini e sonda di riflessione. I dati colorimetrici sono riportati nello spazio colorimetrico CIE L*a*b*.

 

Riferimenti Bibliografici

M. Bacci, M. Picollo, S. Porcinai and B. Radicati: “Spectrophotometry and colour measurements” Techne 5 (1997), 28-33;

R. Chiari, M. Picollo, S. Porcinai and B. Radicati: “Non Destructive Reflectance Spectroscopy in the discrimination of two authigenic minerals: gypsum and weddellite” 1996, 2nd Intern. Symp. The Oxalate films in the conservation of works of art Proc., Milano (1996), 379-389;

M. Bacci, M. Picollo, B. Radicati and R. Bellucci: “Spectroscopic Imaging and non-destructive reflectance investigations using fiber optics”, 4th Intern. Conf. Non-Destructive Testing of Works of Art Proc., Berlino (1994), pp. 162-174.

Campionamento biologico di superficie

Le superfici possono rappresentare una riserva potenziale di elementi nutritivi in grado di supportare e favorire lo sviluppo di una flora microbica diversificata, disseminata non solo per contatto diretto ma soprattutto attraverso l’aria. Il campionamento delle superfici è importante, pertanto, per conoscere il fallout microbico ovvero quella componente batterica e fungina presente nel bioaerosol che va a depositarsi, in maniera prevalente soprattutto quando i ricambi d’aria sono scarsi o assenti. Parallelamente alla campagna aerobiologica, quindi, è importante eseguire un controllo microbiologico delle superfici dei manufatti per evidenziare l’impatto dei processi di deposizione e le eventuali correlazioni fra i microrganismi isolati dall’aerosol e quelli presenti sulla superficie delle opere d’arte.

 

Che informazioni si posso ottenere?

Qualunque sia la metodica di campionamento scelta, la finalità ultima è sempre quella di caratterizzare, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, le specie microbiche presenti su un manufatto, per determinare l’Indice di Rischio.

 

Che informazioni si posso ottenere per le opere d’arte in gesso?

La tecnica di campionamento di superficie su opere di gesso permette l‘identificazione di eventuali biodeteriogeni (batteri e funghi) che possono determinare alterazioni chimico-fisiche, dovute alla loro moltiplicazione sulla superficie dell’opera stessa (crescite di ife fungine) e/o all’attività metabolica (produzione di acidi, pigmenti), oltre che danno estetico.

 

Strumentazione utilizzata

Per la valutazione della colonizzazione delle superfici, correlata sia alla deposizione del bioaerosol presente nell’aria sia al contatto con i fruitori o materiali contaminati, si possono utilizzare diverse tecniche invasive e non (o poco) invasive:

- non-invasive (piastre Petri di tipo a contatto, ago, tamponi o spugne sterili, filtri di Nylon) con cui viene prelevata solo la biomassa;

- invasive (bisturi, scalpello) con cui vengono asportate parti del materiale da analizzare.

La scelta della metodologia da usare per l’esecuzione delle indagini è strettamente legata agli obiettivi posti in sede di formulazione del programma analitico e alle caratteristiche costitutive dell’oggetto in esame.

 

Fenomeno su cui si basa la tecnica

Tecnica dei tamponi/ Questo metodo prevede l’uso di tamponi;  è impiegato per prelievi da superfici irregolari, ed è particolarmente utile per effettuare prelievi da superfici interstiziali difficilmente raggiungibili con la tecnica delle piastre da contatto. A differenza del metodo delle piastre da contatto il campionamento non è contemporaneo all’inoculo del terreno di crescita, che avverrà successivamente in laboratorio dopo il trasporto in condizioni refrigerate in appositi contenitori. Il prelievo consiste nello strisciare con tamponi sterili la superficie da saggiare. I tamponi, costituiti da uno stelo rigido (in plastica, legno o alluminio) e da una testa morbida (in cotone, fibra sintetica o alginato) sono molto utilizzati per la versatilità di applicazione su molteplici superfici.

 

Riferimenti Bibliografici

PALLA F., ANELLO L., MARINEO S., LOMBARDO G., 2006, Characterization of bacterial community in indoor enviroment. In Heritage, Weathering and Conservation, vol. I, Taylor & Francis, UK, pp. 361-365;

PALLA F., 2012, Analytical techniques: analysis of microbial colonitation. In B. Fabbri (ed.), Science and Conservation in Museum Vollections, Nardini, Firenze. Chap.14, pp. 459-470.

Campionamento dell’aerosol della Gipsoteca

Per tutta la durata del campionamento, è stato posizionato nella sala contente le statue di gesso un termoigrometro portatile che ha misurato in continuo i valori di temperatura e umidità relativa.
All’interno della Gipsoteca è stato effettuato un campionamento di tipo passivo. In particolare, sono state esposte nell’ambiente in esame, per opportuni intervalli di tempo (1 ora), 6 piastre Petri con un diametro di 9 cm contenenti idoneo terreno di coltura, Nutrient agar (na) e Sabouraud (sab), per la determinazione dell’IMA. Le piastre sono state disposte in 3 punti diversi della sala ad un metro di distanza da ogni ostacolo fisico rilevante e ad un metro da terra. Tutte le piastre contenenti Nutrient agar sono state incubate per 24-36 ore in stufa a 30°C. Le capsule Petri contenenti agar Sabouraud (terreno selettivo per funghi il cui valore del pH e l'antibiotico presente inibiscono la crescita batterica) sono state incubate a 30 °C, per 7 giorni. I risultati sono stati espressi come unità formanti colonie per centimetro quadro (UFC/cm2).

 

Risultati

L’analisi dell’aerosol ha rivelato la presenza di batteri e in minor misura di funghi, con un numero ridotto di colonie. La caratterizzazione delle singole colonie è stata eseguita mediante osservazione al Microscopio Ottico (M.O.) sia della morfologia delle colonie che dei microrganismi, direttamente per campioni batterici (esame a fresco), o dopo colorazione con reattivo di Lugol per i funghi (utilizzando il  metodo adhesive tape). Il reattivo di Lugol mette in evidenza la presenza di conidi/conidiofori fungini (strutture riproduttive), attraverso le quali è possibile effettuare un riconoscimento di genere/specie della colonia osservata. L’analisi ha permesso l’ientificazione di funghi appartenenti ai generi Aspergillus sp., Alternaria sp. e Penicillium sp. (fig.4); l’esame a fresco delle colonie batteriche ha permesso di identificare la presenza di stafilococchi, bacilli, cocchi, diplococchi.

 

Conclusioni

Lo studio eseguito presso la Gipsoteca dell’Accademia di Belle Arti di Palermo ha permesso di valutare la quantità e la qualità di particelle microbiche disperse nell’aerosol. Com’è noto, il biodeterioramento è correlato  con le condizioni microclimatiche, in particolare, con la presenza di acqua, essenziale per i processi metabolici. I risultati del campionamento termoigrometrico, evidenziano che i valori medi di temperatura e umidità relativa, 20 - 29°C  e 57 - 66% rispettivamente, rientrano tra quelli previste dalle Normal ( T: 25°C ; UR: <65%). La carica microbica, sia funghi sia batteri, è risultata bassa e comunque al di sotto dei limiti di tollerabilità. Inoltre, confrontando i dati riportati in letteratura, si nota che i generi Aspergillus sp., Alternaria sp.  e Penicillium sp., isolati dalle piastre usate per il campionamento, pur essendo conosciuti come potenziali biodeteriogeni per il patrimonio culturale, risultano comunque comuni funghi ambientali presenti nella quasi totalità degli ambienti interni. L’inquinamento microbico proviene prevalentemente dall’esterno (finestre, visitatori). La qualità dell’aria della Gipsoteca, dal punto di vista microbiologico, attualmente, non sembra presentare alcun rischio per la contaminazione delle statue presenti all’interno della sala. Questo studio, comunque, avendo focalizzato l’attenzione sulla contaminazione biologica dell’aerosol e della collezione di statue di gesso dell’Accademia, rappresenta uno studio pilota che evidenzia l’importanza di un approccio integrato di monitoraggio microbiologico e microclimatico ambientale del patrimonio culturale, previsto nell’ambito di un programma di conservazione preventiva per poter ridurre al minimo  i possibili rischi di biodeterioramento.

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